La schiuma del cappuccino

 

La mattina a colazione prendete un cappuccino e una brioche (o magari un cornetto). A fine pranzo vi concedete della panna montata sopra le fragole. Infine a cena pasteggiate con della birra. Evidentemente avete un debole per gli alimenti dove i gas giocano un ruolo fondamentale nella formazione di schiume. Nel cappuccino, nella panna montata, e nella schiuma della birra minuscole bollicine di gas sono disperse in un liquido acquoso. Per formare delle schiume sono necessari gas, acqua, energia e dei surfattanti. Questi ultimi, chiamati anche tensioattivi, sono molecole che stabilizzato le bollicine, formate ad esempio dall’agitazione del liquido o dall’iniezione di gas.

Per le schiume alimentari si usano i gas più diversi: quando montate manualmente della panna fresca formate delle bollicine di aria. Se invece usate la panna in bomboletta il gas responsabile è il monossido di diazoto, o N2O. Nella birra solitamente è l’anidride carbonica a formare la schiuma, ma non in tutte: la famosa birra irlandese Guinness usa anche l’azoto ad alta pressione per formare le bollicine. La “schiuma del mattino” invece, il cappuccino, viene solitamente preparato a partire da vapore acqueo e aria insufflata direttamente nel latte.

Se provate ad agitare dell’acqua pura non si formerà nessuna schiuma. Questa invece si forma e rimane relativamente stabile sia nella birra che nel latte grazie alle proteine contenute. Queste agiscono da surfattanti disponendosi sulle bollicine di gas intrappolate stabilizzandole per un tempo più o meno lungo impedendo che scoppino troppo velocemente o che si uniscano ad altre bollicine.

La schiuma perfetta per un cappuccino dovrebbe avere le bollicine talmente piccole da non essere quasi visibili ad occhio nudo, deve essere setosa, di buona consistenza e scorrevolezza. La preparazione di una perfetta schiuma di latte per il cappuccino è più un’arte che una scienza: la “mano” del barista, con i suoi movimenti, è fondamentale. La scienza però può fornire alcune linee guida per la preparazione di un buon cappuccino. Prima di tutto il latte da utilizzare: i grassi sono deleteri per la stabilità della schiuma. Questo effetto lo possiamo osservare anche aggiungendo dell’olio a della schiuma ottenuta con del comune detersivo per piatti sciolto in acqua. Meno grassi sono presenti nel latte e più è facile ottenere una schiuma stabile. Questo significa che con un latte scremato, solitamente con lo 0.1% di grassi, è molto facile formare una schiuma persistente. È leggermente meno facile utilizzando un latte parzialmente scremato e un po’ più difficile usando il latte intero, con una percentuale di grassi attorno al 3.6%. Al palato però la differenza tra i tipi di latte si sente e il latte scremato non è solitamente utilizzato per un buon cappuccino, mentre è da preferirsi il latte intero.

Usando il latte con più grassi è fondamentale riuscire a disperdere più gas possibile durante il tempo di riscaldamento dovuto al vapore insufflato nel latte. A questo scopo è importante partire da latte freddo da frigorifero a circa 5 °C. Partendo da queste temperature l’aria si scioglie meglio nel liquido. A mano a mano che la temperatura si innalza le proteine del latte si denaturano parzialmente, cambiando la loro struttura, contribuendo alla stabilizzazione delle bollicine. Quando la temperatura ha raggiunto i 65 °C è ora di togliere la schiuma e versarla sull’espresso appena preparato. Partendo da latte freddo abbiamo più tempo a disposizione per formare la schiuma prima che il latte raggiunga la temperatura di 65 °C. Qualcuno suggerisce un doppio trattamento: portare il latte a 65 °C, raffreddarlo e poi insufflare ancora vapore. Gli studi però sono discordanti nel giudicare l’efficacia di questa procedura. In più vi è il rischio di diluire eccessivamente la bevanda, visto che alla fine del trattamento con il vapore il latte contiene un 10% in più di acqua.

Dario Bressanini

Questo articolo è apparso sulla rivista Le Scienze n. 525 del maggio 2012