Dalla vite al vino

 

 

La vite

 

La vite è una pianta appartenente alla famiglia delle vitacee, di cui si conoscono diverse specie, tra le quali quella europea (vitis vinifera, vitis Berladen vitis Ripana) e quella americana. Per produrre il vino si coltiva la specie europea, mentre la specie americana produce frutti più aspri, che secondo la normativa italiana, non possono essere utilizzati per la produzione del vino: la specie americana, tuttavia, essendo più resistente di quella europea ai parassiti, di solito viene usata come portinnesto.

 

La vite è composta da vari organi e questi sono: le radici con il compito di assimilare il nutrimento dal terreno. Le radici possono derivare sia da semi sia da tralci. Il sistema più usato nell’impianto di nuove viti è il secondo, dato che ormai la propagazione avviene quasi esclusivamente per talea che non sono altro che pezzi di tralci.

Dopo le radici troviamo il fusto suddiviso in:

§  Ceppo, la parte principale e più grossa che spunta dal terreno;

§  Branche, sono le diramazioni del ceppo;

§  Tralci, sono i rami più giovani;

§  Germogli, da cui nasceranno i frutti.

La parte commestibile della vite è il grappolo costituito dalla parte lignea che sorregge i fiori dai quali ha origine il frutto della vite, gli acini d’uva. L’acino esternamente è ricoperto da una buccia o fiocina, ricoperta a sua volta da una sostanza cerosa detta pruina. La buccia ha notevole importanza durante la vinificazione in quanto contiene le sostanze coloranti, i tannini e, in diversi casi, anche gli aromi.

All’interno dell’acino si trovano i semi vinaccioli protetti da un ulteriore strato cellulare chiamato endocarpo.

 

Sistemi di allevamento della vite

 

Propagazione

La propagazione della vite avviene per:

§  Seme: viti con caratteristiche diverse dalla pianta madre, impiegato solo per sperimentazioni;

§  Gemma (talee): tralcio di vite poi radicato, solitamente è la tecnica più utilizzata in viticoltura e in vivaistica.

 

Alla propagazione per talea sono state apportate modifiche riportate a causa della comparsa in Europa della filossera. Questo è un insetto che colpisce gravemente le radici della vite europea senza provocare danni all’apparato fogliare. La filossera colpisce diversamente le viti americane, infatti, ad essere più danneggiate con la formazione di protuberanze (galle) sono le foglie, mentre le radici non subiscono danni.

Per quando concerne la vite europea quindi, si è reso necessario provvedere all’innesto, cioè alla realizzazione di viti in cui la parte sottostante (soggetto) che emetterà radici sarà costituita da ibridi di vite americana è quella destinata a portare foglie e frutti  sarà di vite europea (marza). In questo modo si sfrutta l’immunità della specie americana per favorire lo sviluppo delle specie europea. Dall’innesto si ottiene una pianta resistente, ma che darà i frutti tipici della specie europea. In viticoltura si dice portinnesto una specie vegetale usata per ricevere un innesto.

Potatura

Dopo la propagazione, le prime pratiche dell’allevamento consistono nella potatura di allevamento (si realizza solo nei primi anni per dare una determinata forma al vitigno) e nel seguire, curando, il sistema stesso di coltivazione.

Oltre la potatura di allevamento, si pratica anche quella di produzione che può essere distinta in:

§  Invernale o secca

§  Verde

§  Lunga

§  Corta

 

Gli scopi della potatura sono:

1.    rendere più possibile costante la produzione nelle diverse annate;

2.    migliorare la produzione la quale può essere compromessa da un eccesso in quantità di uve;

3.    necessità di mantenere la vite entro una determinata forma di allevamento, dettata da condizioni di ordine tecno-economico. E’ evidente che, in merito ai vari sistemi di potatura sia lunga che corta, cioè in base al numero di gemme a frutto da lasciare per ogni ceppo (molte gemme nella potatura lunga e poi con quella corta) non si possono stabilire delle norme ben precise, perché queste pratiche sono condizionate;

a)    dalla forma di allevamento;

b)    dalla varietà del vitigno;

c)    dalla vigoria del vitigno;

d)    dal tipo di terreno;

e)    dalla concimazione praticata

f)     dalle particolari condizioni climatico-ambientali dell’annata

 

Diverso è il discorso per le operazioni di potatura verde, cioè la potatura effettuata negli organi erbacei fatta con competenza e razionalità con i seguenti scopi:

1.    migliorare il colore delle uve (maturazione)

2.    migliorare il tenore zuccherino (rapporto zucchero alcool)

3.    migliorare le uve (quindi il prodotto del vino)

 

Le varie forme di allevamento sono legate ad operazioni di potatura lunga e corta, ma sono strettamente sconnesse:

§  alla natura climatica delle zone

§  in relazione alla temperatura

§  alle precipitazioni piovose medie annue

§  all’inclinazione dei raggi solari e alla durata giornaliera della luce

§  alle tradizioni agricole delle varie zone

§  al tipo di portinnesto adottato

 

Sistemi a potatura corta

Volendo quindi fare una quanto mai rapida rassegna dei vari sistemi di allevamento a potatura corta, si possono indicare:

à        Alberello: è un sistema molto diffuso in Italia meridionale

à        Ventaglio: questo sistema è analogo al precedente e viene ancora usato in Moldavia

à        Cordoni speronati: trattasi di un cordone (tralcio) permanente orizzontale, verticale o obliquo, che normalmente porta vari speroni con due gemme. Una forma simile di allevamento è il cordone reale diffuso soprattutto nella regione della Champagne (nord est della Francia).

 

Sistemi a potatura lunga

I sistemi ad allevamento a potatura lunga invece, sono tipici di climi temperati, ad alta fertilità, ma soprattutto in ambienti dove c’è maggiore disponibilità idrica. Vediamo i più noti:

 

Guyot: e i suoi derivati sono diffusi in zone collinari dell’Italia settentrionale e centrale con terreni magri e siccitosi. E’ un metodo che ha subito notevoli variazioni e modificazioni in relazione all’ambiente in cui è stato introdotto.

 

Pergolato: anche questo tipo di allevamento ha subito varie modificazioni, tuttavia la sua diffusione si è avuta in Italia settentrionale in ambienti freschi e ventilati.

La pergola trentina può essere semplice o doppia, a seconda della pendenza e della fertilità del terreno. In ogni caso il tetto della pergola viene più o meno inclinato. Normalmente vengono lasciati due o quattro capi a frutto (cioè rami che avranno grappoli) per ogni vite con otto dodici gemme ognuno. E’ una forma di allevamento molto costosa per i sostegni (tutori) impiegati.

 

Alberate: trattasi di sistemi tipicamente italiani; famose sono quelle toscane in cui per sostegno vengono usate dei tutori vivi (aceri, frassini, e talvolta i gelsi).

 

Casarsa: è un sistema usato nel Friuli Venezia Giulia ma si sta diffondendo anche nel Veneto orientale ed in alcune varietà quali Cabernet e Pinot perché ad una buona produzione quantitativa unisce anche un prodotto di ottima qualità. Rispetto la pergola i costi sono più contenuti.

 

Tendoni: sono dei pergolati molto regolari (quadrati o rettangolari) senza inclinazione né sviluppo in obliquo e sono molto diffusi nell’Italia centromeridionale. E’ una tipica forma di allevamento diffusa sia per le uve da tavola (uva Italia-Regina ecc…) che per uve da vino. Dalla vite, a circa due metri dal suolo si dividono a croce quattro capi a frutto sostenuti da una rete di fili. I grappoli quindi pendono dall’alto verso il basso e sono tutelati dai fattori climatici (soprattutto grandinate), da una fitta base di fogliame, che mano a mano viene spogliata per permettere la piena maturazione.

Essendo un impianto di dimensioni particolari (quindi i costi sono elevati), molto spesso i vignaioli riparano il raccolto con delle reti antigrandine adagiate sul fogliame. Questo permette alle uve da tavola di maturare più lentamente.

 

Terrazzamento: utilizzato nelle zone impervie, collinari o pedemontane. E’ una pratica faticosa che necessita di molte cure, per affrontarla è necessario ricavare dei terrapieni a terrazza (scalini), anche molto piccoli, dove allevare la vite. E’ una pratica usata nella zona delle Cinqueterre (Liguria) e in Val d’Aosta.

Di metodi di allevamento ne esistono altri, tuttavia sono ormai poco usati.

 

Impianto ed esposizione del vigneto

La vite europea, originaria del bacino del Mediterraneo, si è diffusa in tutta l’Italia e in quasi tutta l’Europa, compresa la Gran Bretagna. Essa dà origine ad un numero elevato di varietà (circa un migliaio) ciascuna con proprie caratteristiche. Tali caratteristiche variano, talvolta anche in modo rilevante, a seconda della:

a)    Località

b)    Esposizione

c)    Terreno

d)    Clima in cui la vite è coltivata

 

I vigneti impiantati in zone collinari, per esempio, danno ottimi risultati sia dal punto di vista qualitativo e se l’esposizione è favorevole (riparata dal vento, insolazione giusta, buon drenaggio ) danno prodotti in quantità maggiore e di migliore qualità. Le diverse condizioni in cui avviene la coltivazione, fanno si che la verità stessa,cioè che lo stesso vitigno, di origine a una molteplicità di vini.

 

Frutto della vite

Il frutto della vite è l’uva,che si classifica in base al colore. ’uva si presenta in forma di grappolo, costituito da una parte legnosa detta raspo, sulla quale sono inseriti gli acini,che a loro volta sono composti di buccia, polpa e dai vinaccioli (semi).

 

Il raspo contiene sostanze quali il tannino,resine acidi,che contribuiscono a renderlo amaro; in questo motivo (tra alcuni rari casi)nella produzione del vino il raspo viene eliminato la buccia dell’acino contiene sostanze coloranti tannini (la cui presenza ne termina il “ corpo” e la robustezza del vino ), e aromi che determinano il profumo. La polpa invece è ricca di zuccheri( soprattutto glucosio), sostanze minerali, acqua (fino all’80%). I vinaccioli, infine, contengono alcune sostanze del raspo, per cui durante la lavorazione delle uve di solito non devono essere pressati e vengono eliminati con la filtrazione.

 

La coltivazione della vite esige tecniche specifiche ed è molto faticosa : impegna per tutto l’anno i produttori e la resa non dipende solo dalla loro perizia, ma anche da condizionamento portato dai fattori climatici ( alternanza giusta dei periodi di sole è di pioggia, freddi intensi, eccessive pioggia prima della vendemmia ecc.), e dalle malattie cui la pianta è soggetta ( tra le più temute la filossera ).

 

Fermentazione alcolica

La fermentazione alcolica è un complesso fenomeno biochimico, nel corso del quale particolari lieviti, i saccaromiceti, trasformano gli zuccheri presenti nel mosto (glucosio e fruttosio) in alcool etilico, anidride carbonica e numerosi prodotti secondari (acidi, alcoli superiori, glicerina, ecc.).

La temperatura per ottenere una fermentazione ottimale è compresa tra 10 °C e 32/34 °C. La temperatura ottimale per i vini bianchi è di 18/20 °C e per i vini rossi è di 25/28 °C. La fermentazione alcolica dura mediamente 7-10 giorni e si può controllare la durata agendo sulla temperatura del mosto. La fermentazione  prevede una fase iniziale (24/36 ore), una fase definita tumultuosa (7/10 giorni) e una fermentazione lenta che continua dopo la svinatura per alcune settimane. Fino a quando i residui di zucchero, di solito non oltre il 2%, non vengono trasformati. Poi il vino è messo nei vasi vinari per concludere la fermentazione e iniziare la stabilizzazione e l’eventuale invecchiamento.

 

Fermentazione alcolica con macerazione

La vinificazione prevede diversi sistemi che sono utilizzati per ottenere il meglio dalle uve a disposizione. La fermentazione alcolica con macerazione delle vinacce è usata soprattutto per i vini rossi, perché le bucce a contatto con il mosto trasmettono alcune caratteristiche che valorizzeranno il vino, infatti il mosto a contatto con le bucce acquisisce colore, sostanze aromatiche ed anche il tannino, rilasciato dai vinaccioli e dall’eventuale raspo.

Le sostanze tanniche sono necessarie per i vini rossi da invecchiare, perché favoriscono la formazione della struttura necessaria per un lungo e giusto affinamento. Nella tradizione enologica di alcune regioni, la macerazione sulle bucce dura molto più a lungo (fino a 30 giorni), questo procedimento è praticato per estrarre tutte le sostanze che aiutano il vino adatto ad invecchiare a durare nel tempo.

La macerazione viene anche utilizzata per alcuni vini bianchi e nella produzione dei vini rosati. Si tratta di un breve contatto della buccia col mosto ( 24-26 ore), dopo di che avviene la separazione (sgrondatura).

Questa tecnica permette di ottenere vini bianchi più carichi di colore e profumo e, per i rosati, di acquisire il colore caratteristico.

 

Vinificazione in rosso

La vinificazione in rosso è applicata per la produzione di vini rossi ed è caratterizzata dalla macerazione delle vinacce con il mosto. Maggiore è il tempo di contatto tra la parte solida (vinacce) e quella liquida (mosto), maggiore sarà l’estrazione dei pigmenti e di tutte le altre parti solide. Il vino così ottenuto sarà intensamente colorato.

 

Vinificazione in bianco

La vinificazione in bianco avviene senza contatto tra le vinacce e il mosto liquido ed è quindi caratterizzata dalla sgrondatura, operazione meccanica che segue la pigiatura usata per separare le bucce e i vinaccioli dal mosto. Spesso le fasi di pigiatura, di raspatura e sgrondatura, sono sostituite dalla pressatura soffice dell’uva, all’interno delle presse, dove rimangono tutte le parti solide, mentre il mosto fiore fuoriesce dalle pareti fessurate.

 

Vinificazione in rosato

La vinificazione in rosato è applicata per ottenere vini da uve rosse, in genere poco colorate. Prevede una breve macerazione delle vinacce a contatto con il  mosto liquido in vasca per 24-36 ore. Poi si svina e si fa fermentare il mosto a bassa temperatura, seguendo la stessa procedura utilizzata per la produzione di vini bianchi.

 

Altri tipi di vinificazione

 

Macerazione carbonica

La macerazione carbonica è un sistema applicato all’uva destinata alla produzione di vini novelli. Il metodo consiste nell’introdurre l’uva non pigiata, perfettamente sana e integra, in serbatoi che sono poi privati dell’aria mediante l’immissione di anidride carbonica, mantenendo questa condizione per un periodo di 7/10 giorni, ad una temperatura controllata (tra 25-30°C). In questa situazione s’innesca una fermentazione all’interno dell’acino (fermentazione intracellulare), e si formano una serie di sostenze aromatiche, la glicerina che insieme ai pigmenti, passano dalla buccia alla polpa. L’acido malico viene in buona parte fermentato, quindi scompare.

 

Al termine della macerazione carbonica, l’uva è tolta dai contenitori e pigiata: avviene poi una breve fermentazione alcolica (24-48 ore), si effettua la svinatura e si procede alle varie operazioni di stabilizzazione e imbottigliamento,.

I vini che si ottengono con questa tecnica sono molto profumati (sentore floreale e fruttato), poco alcolici e acidi, di facile beva, pronti per essere commercializzati e consumati già 4-5 settimane dopo la vendemmia.

 

In Francia sono chiamati vins primeur (il più noto è il Beaujolais noveau), me ne esistono molti anche in Italia, dove per legge, un vino novello dove avere almeno il 30% di vino prodotto con la macerazione carbonica. Il vino novello si beve entro l’anno di produzione, è ottimo fino al periodo di pasqua, va tenuto in fresco per mantenere i profumi.

 

Criomacerazione

Sistema di vinificazione consistente nel mantenere il mosto raffreddato sulle vinacce per 18/24 ore a 5°C; si ottengono in tal modo rispetto alla fermentazione in bianco tradizionale, vini di più spiccata personalità, più ricchi dal punto di vista organolettico.

 

Termovinificazione

Nella termovinificazione l’uva pigiata è riscaldata (70 °C per 30 minuti), successivamente il mosto è separato dalle vinacce e si fa fermentare. Oppure avviene la pigiatura, la separazione del mosto dalle bucce che sono riscaldate (si ottiene un mosto molto colorato), si aggiunge il succo al mosto bianco in fermentazione o fermentato. Con questo sistema si producono vini poco pregiati, è usato di solito per uve attaccate da muffe o enzimi.

 

Vinificazione continua

La vinificazione in continuo si ottiene aggiungendo del mosto fresco in un recipiente definito “vinificatore”, in cui è già in atto la vinificazione. A mano a mano che si aggiunge il mosto, si estrae dal vinificatore, il vino che nel frattempo si è formato.

 

Lieviti (saccharomices)

I saccaromiceti sono funghi unicellulari che agiscono in ambiente anaerobico; sono già presenti in cantina, sulle piante e nel terreno. Essi provocano la fermentazione alcolica, trasformando la molecola di zucchero presente nell’uva e quindi nel mosto, in una molecola di alcol e un'altra di anidride carbonica. Questo è un processo che avviene naturalmente. L’uomo seleziona i lieviti per ottenere prodotti fermentati migliori; prima della fermentazione alcolica, si può aggiungere una dose prestabilita di lieviti, definita inoculo.

 

A fermentazione alcolica conclusa bisogna separare i lieviti ancora presenti nel vino,

per evitare la formazione di cattivi odori sapori e intorpidimenti del vino.

 

Anidride solforosa

L’anidride solforosa è usata nella vinificazione perché svolge molteplici funzioni: antiossidante, protezione antibatterica, facilita l’ illimpidimento dei vini, azione selettiva sui lieviti, azione di arresto delle attività dei lieviti( evita rifermentazioni ).

I limiti massimi di SO² sono fissati dalla legge: max 160 g/ l per i rossi, max 200 g/l per i bianchi e i rosati, per i passiti si arriva a 400 g/l max.L’anidride solforosa può essere aggiunta anche dopo la svinatura e prima dell’ imbottigliamento, infatti, molti produttori quando l’uva è sana tendono a limitarne l’impiego, perché se è usata in quantità considerevoli può provocare alcuni disturbi al degustatore. Il contenuto di SO² è maggiore nei vini bianchi,più delicati, e nei passiti, per evitare processi di rifermentazione 

 

Correzione e trattamenti del mosto

È consentito dalla legge correggere i mosti in via eccezionale per ovviare a evidenti carenze climatiche, per soddisfare limiti legali. Le correzioni sono rigorosamente regolarmente; è comunque meglio intervenire sui mosti che sui vini. Sono effettuate quando la maturazione dell’ uva non è ottimale, non riguardano i vini DOC e DOCG.

Trattamenti: il mosto può subire alcuni trattamenti per migliorare lo svolgimento della vinificazione, soprattutto per la vinificazione in bianco che risulta più delicata. I trattamenti più frequenti sono:chiarificazioni filtrazioni, centrificazione, utilizzo basse temperature/lieviti selezionati / SO² .

 

 

Componenti del mosto

Il mosto è il prodotto che si ottiene dalla pigiatura delle uve. E’ una soluzione acida- zuccherina,con una notevole presenza di acqua. Sono presenti, inoltre, dei componenti che ritroveremo nel vino (acidi, polifenoli, sali minerali, sostanze aromatiche), e altri che subiranno una trasformazione chimica durante la fermentazione alcolica (zuccheri, pectine, enzimi, lieviti).

Acqua                                                                                  68 – 85%

Zuccheri (glucosio fruttosio)                                            15 – 30%

Acidi (tartarico, malico, citrico)                                         0,5 – 1,5%

Sali minerali (potassio, ferro, magnesio, rame, ecc.)  0,2 – 0,3%

Polifenoli  (sostanze tanniche e coloranti)                   0,1 – 0,3%

Microrganismi: lieviti – batteri/muffe (indesiderati)      assenti

Sostanze aromatiche a seconda del vitigno                 % variabili

Gomme                                                                                pectine

Enzimi (proteine vegetali)                                               

Vitamine: A, B¹, B°, B¹², PP, C

Sostanze azotate: sali di ammonio

Componenti del Vino

Acqua,    75 – 85%

Alcoli:

etilico, 5-15%

metilico,(% sul totale della quantità d’alcol nel  vino) 0,17-0,60%

superiori(amilico, propilico, butilico, ecc.) 0,14-0,50%

glicerina 4-16%

acidi

tartarico 2-6%

malico 0-5%

latico 0,5-3%

succinico 0,5-1,5%

citrico 0,1-0,5%

acetico 0,4-0,8%

sali minerali(tartrati, malati, cloruri,solfati, fosfati) 1-4%

polifenoli: vini bianchi, flavoni, catechine; vini rossi, antociani, tannini 0,1-5%

zuccheri: tracce dopo fermentazione malolattica, secondo il tipo: dolce amabile, secco, passiti, ecc. % variabile; sostanze aromatiche: primarie da vitigno, secondarie da fermentazione, terziarie da invecchiamento, riduzione.0,2-2mg/l.

anidride solforosa(SO²) aggiunta durante la vinificazione vini bianchi massimo 2000 mg/l; vini rossi massimo 160 mg/l;

anidride carbonica(CO²) presente al termine della vinificazione

Vini frizzanti 1-2,5 bar;

Vini spumanti(VSQ) minimo 3 bar;

Vini spumanti(VSQPRD) 3,5 bar

Acidità del vino(PH) 2,8→3,8

 

Operazione di cantina

Le operazioni pratiche di cantina iniziano con i travasi, che avvengono già alcune settimane dopo la svinatura e durano fino a primavera inoltra(di solito ¾ travasi).

Lo scopo dei travasi, che è più frequente nei vini rossi e quello di sapere il vino dalle fecce che a mano a mano si depositano ed eventualmente per ossigenare il vino che presenta odori particolari(SO², mercaptani).

Le colmature sono eseguite affinché i vasi vinari siano sempre colmi di vino, per evitare ossidazione e sviluppo di microrganismi aerobi. Le scolmature avvengono nel caso in cui si verifichi un leggero aumento del volume del vino nei vasi vinari (di solito in primavera ed estate con l’aumento della temperatura); l’inconveniente si risolve di solito con i tappi colmatori.

 

Stabilizzazione del vino

Per cercare di evitare che nel vino si presentino intorpidimenti, precipitazioni e malattie, si può ricorrere ad una serie di trattamenti che rendano le sue caratteristiche stabili nel tempo.

 

La chiarificazione consiste nell’aggiungere nel vino delle sostanze in grado di illimpidire il vino stesso. Le sostanze utilizzate sono: bentonite, silice ( sostanze inorganiche); caseina, albumina, gelatina e tannino ( sostanze organiche ).

Queste sostanze fanno precipitare i componenti della torpidità, la separazione avviene poi tramite filtrazioni.

La filtrazione ha lo scopo di separare le parti solide in sospensioni nel liquido rendendolo perfettamente limpido. Le particelle sono trattenute con meccanismi di setacciature e /o assorbimento. La filtrazione può essere realizzata per mezzo di filtri a piastre, a cartoni, tamburo rotativo e membrane sterilizzanti.

La filtrazione può non essere efficace se l’intorpidimento è di origine proteica, perché si riforma rapidamente.

La centrifugazione è un sistema meccanico per separare le impurità più grossolane.

La refrigerazione è un trattamento utilizzato per eliminare i componenti in sospensioni (sali minerali,lieviti), che con il freddo tendono a precipitare sul fondo dei vasi vinari.

La pastorizzazione è un metodo che utilizza il calore (inferiore a 100° C) per inattivare gli enzimi e i microrganismi, causa di malattie nel vino. Questo sistema non è utilizzato per vini più pregiati, poiché il bouquet ne risulterebbe compromesso.

La rifermentazione è un’operazione che si effettua quando si desidera rendere più vivace il vino o se c’è la necessità di correggere vini difettosi o malati. Si realizza aggiungendo del mosto concentrato e lieviti selezionati e/o mosto e vinacce fresche, mosto muto.Un esempio particolare di rifermentazione è il “governo” alla toscana (zona del Chianti). Consiste nel porre il 10% dell’uva ad appassire, le stesse saranno addizionate al vino nuovo dopo opportuna pigiatura, entro il mese di dicembre. Talvolta l’operazione è ripetuta in primavera, si ottiene così un vino particolarmente colorato, profumato, vivace e caratterizzato da acidità piuttosto bassa. Questo sistema era stato quasi abbandonato per gli eccessivi costi. Ora è di nuovo utilizzato da produttori appassionati  nella produzione del Chianti.

 

Maturazione, invecchiamento, affinamento del vino

La fermentazione malolattica: per avere vino  più stabile, morbido ed evoluto è indispensabile che avvenga, successivamente alla prima fermentazione alcolica, una seconda fermentazione definita malolattica. Questo processo avviene all’azione di specifici batteri che trasformano l’acido malico (acido aggressivo), tipico dei vini giovani, in acido lattico (acido meno aggressivo), con conseguente diminuzione dell’acidità fissa. Questo permette al vino di diventare più morbido e rotondo al palato, il colore assume tonalità meno vive, i profumi si arricchiscono di sfumature.

 

La fermentazione malottica avviene a volte già alla fine della fermentazione alcolica, in altri casi in primavera, inizio estate, con l’aumento della temperatura in cantina (18-20°C). Quando la fermentazione malottica è avvenuta, inizia per il vino la stabilizzazione e l’eventuale invecchiamento. La fermentazione malottica è gradita in quasi tutti i vini rossi, ma da evitare nella maggior parte dei bianchi e nei vini poveri di acidità, perché può togliere freschezza al vino.

 

La Maturazione: il vino prima di essere commercializzato, necessita di una maturazione, che in genere è realizzata in grandi recipienti in cemento/vetroresina/acciaio inox nei quali non c’è presenza d’aria. E’ un processo più breve dell’invecchiamento e porta alla precipitazione delle sostanze e particelle in sospensione con conseguente illimpidimento del vino.

Per molti vini soprattutto bianchi, rosati e rossi da consumarsi giovani, la maturazione non è seguita dall’invecchiamento in botte quindi, dopo una opportuna stbilizzazione, si procede all’imbottigliamento.

 

L’invecchiamento: va oltre la conservazione e prevede l’uso del legno, che è capace di contenere e proteggere, e consente un limitato passaggio di ossigeno, sufficiente a favorire fenomeni di lenta maturazione del vino.

Il legno più utilizzato è il rovere di cui quello di Slavonia e di alcune zone della Francia è il migliore. La cessione o contributo del legno dura 2-3 anni, dopo di che non serve più.

 

L’invecchiamento minimo dei vini DOC e DOCG è fissato per legge; inoltre il disciplinare specifica se deve avvenire in botte o meno.

Il legno è un contenitore attivo, rende il colore più stabile (rosso meno intenso, giallo tende al dorato), nel profumo scompaiono gli aromi primari e prende forma il bouquet più intenso, fine e complesso, il sapore si fa meno spigoloso (tannini e acidità), diventando più equilibrato e morbido.

La maturazione nel legno è detta fase ossidativa (lento passaggio dell’ossigeno), l’affinamento in bottiglia è definito fase riduttiva dove il vino conclude la sua fase evolutiva. Nell’invecchiamento del vino, l’uso della botte o della barrique porta a risultati leggermente diversi, quindi l’impiego cambia secondo la tradizione e la preferenza.

La barrique è una piccola botte di 225litrio circa, di origine francese, fatta con doghe tagliate a spacco, sagomate a caldo e tostate all’interno. Con la tostatura aumenta la cessione al vino dei tannini del legno, quindi, il contatto del vino con la barrique è più breve (6 mesi, 1 anno), per4ché avviene una rapida ossidazione del vino. Con la botte grande la cessione è più lenta, per questo il vino può rimanere più a lungo a contatto con il legno.

 

Una tecnica di vinificazione, che va diffondendosi in Francia e in Italia, prevede la fermentazione in barriques nuove, soprattutto di vini bianchi (Chardonnay), con l’obiettivo di estrarre sostanze polifenoliche e aromatiche. Il prodotto finale è il vino con leggero boisé (sentore di legno), fine ad equilibrto.

 

Affinamento: alla fine dell’invecchiamento in botte, si passa all’ultima fase, quella che  avviene in bottiglia, nella quale il vino si affina completamente e si arricchisce ulteriormente di aromi. La giusta conservazione delle bottiglie, prevede che il vino da conservare a lungo, sia tenuto orizzontalmente (posizione che mantiene l’elasticità del sughero, poiché il tappo è bagnato dal vino), mentre le bottiglie da pronta beva sono mantenute verticali.

 

Alterazioni e malattie

 

L’attuale produzione del vino è realizzata in modo che difficilmente si manifestino alterazioni e malattie, mentre ancora frequenti possono essere i difetti in particolare l’odore di tappo, di feccia, di SO².

Le alterazioni sono modificazioni negative dell’odore e del sapore del vino dovute ad agenti esterni di varia origine, come contatti con fecce, con botti non risanate o tenute colme:

·          Odori e sapori di zolfo (zolfo-SO²-mercaptani);

·          Odori di muffa/marcio secco (botti umide, mal trattate);

·          Sapore di matallo (contatto con superfici metalliche, antiparassitari);

·          Odore e sapore di fecce (travasi non regolari);

·          Odore e sapore di maderizzato (ossidazione con formazione di acetaldeide).

Le malattie: sono causate dall’azione negativa svolta da parte di microrganismi che trasformano i componenti presenti nel vino, in derivati che ne peggiorano notevolmente le caratteristiche organolettiche.

 

Alterazioni: casse ossidasica, ferrica, fosfatica, rameosa, proteica.

 

Difetti:

·          Odori e sapori derivati da composti solforati;

·          Odore e sapore di tappo;

·          Odore e sapore di muffa, fradicio, marcio;

·          Odore e sapore di secco e di fusto;

·          Odore e sapore di metallo;

·          Odore e sapore di feccia;

·          Odore e sapore di svanito;

·          Odore e sapore di maderizzato.

 

Malattie:

Fioretta                                  Lieviti                         Aerobi

Spunto/Acescenza             Batteri acetici           Aerobi

Spunto lattico                      Batteri lattici              Anaerobi

Girato                                    Batteri lattici              Anaerobi

Amaro                                               Batteri lattici              Anaerobi

Filante                                   Batteri lattici              Anaerobi

 

Spumantizzazione

 

Per spumantizzazione si intende il sistema di vinificazione per ottenere un prodotto definito spumante. Lo spumante è in vino speciale caratterizzato dall’elevata presenza di anidride carbonica, all’interno della bottiglia, tale da creare una pressione superiore alle 3 atm. (tra 1 e 2,5 atm. Si definisce vino frizzante).

I metodi di spumantizzazione sono 2: metodo classico, che può essere chiamato anche tradizionale (viene chiamato champenoise solo il metodo di produzione dello champagne) e metodo Charmat che si divide in Charmat corto e Charmat lungo.

 

Metodo Classico

Nel metodo classico le fasi della spumantizzazione sono:

Nascita del nuovo vino: chiamato anche vino tranquillo, si ottiene pigiando l’uva e separando le parti solide dal mosto. Generalmente la lavorazione delle uve avviene separandole per tipologie e per vitigno di provenienza. A questo punto si passa ad una operazione di travaso (débourbage), ossia il mosto viene lasciato in decantazione per 12-24 ore. Questo serve per separare dolcemente il liquido dal solido e serve anche a diminuire la presenza di sostanze in sospensione. A questo punto si lascia partire la prima fermentazione che dura circa tre settimane e avviene ad una temperatura di 20/22°C, al termine il mosto viene raffreddato per favorire la caduta dei depositi.

 

Assemblaggio (assemblage): i vini tranquilli vengono mischiati tra loro per ottenere quello che i francesi definiscono cuvée, cioè un vino base pronto per diventare spumante.

Il termine “cuvée”, in Francia, viene utilizzato anche per chiamare il mosto fiore.

L’assemblaggio viene effettuato anche con vini di annate precedenti.

Quando si verificano delle annate particolarmente favorevoli, l’assemblaggio può essere effettuato con vini ottenuti dalle uve di una sola annata e in quest’ultimo caso lo spumante viene definito millesimato (millesime).

Imbottigliamento: il vino base viene imbottigliato con un’aggiunta di sciroppo zuccherino e lieviti selezionati (liqueur de tirage). Le bottiglie vengono tappate con il tappo a corona.

Alcune case in passato utilizzavano dei sugheri provvisori, oggi invece, molte aziende inseriscono un contro tappo (didule), prima di inserire il tappo a corona. Il controtappo ha una forma cilindrica cobn un’estremità aperta e serve a contenere i residui presenti all’interno della bottiglia.

Presa di spuma (prise de mousse): le bottiglie vengono accatastate in posizione orizzontale, all’interno di cantine fresche e buie. Qui avviene la rifermentazione in bottiglia, cioè i lieviti trasformano i zuccheri in alcol e anidride carbonica, la quale non potendo dissolversi nell’aria verrà assorbita dal vino e sarà la responsabile del perlage dello spumante. All’interno delle bottiglie, in questa fase, si aggiunge una pressione che può superare le 6-7 atm. La presa di spuma dura diversi mesi.

 

Affinamento: o invecchiamento (in genere si intende l’affinamento in bottiglia e l’invecchiamento in botte) ha una durata che va da un minimo di un anno fino ad arrivare a 5 anni e anche oltre per quegli spumanti millesimati dalle elevate caratteristiche strutturali. Per essere più precisi abbiamo i seguenti invecchiamenti:

Italia – invecchiamento minimo 25 mesi dalla vendemmia oppure 18 mesi sui lieviti (in bottiglia), minimo 30 mesi sui lieviti per i millesimati.

Francia (champagne) – minimo un anno, e minimo tre anni per i millesimati.

 Le bottiglie, in questo periodo, vengono accatastate orizzontalmente (sur lattes).

 

Scuotimento (remuage): consiste nell’infilare il collo delle bottiglie nei fiori presenti su dei cavalletti (pupitres). Le bottiglie saranno rivolte con le estremità del collo tendente verso il basso. Periodicamente le bottiglie verranno scosse, girate di una frazione di giro (1/4 1/8 ecc.) e viene aumentata l’inclinazione. Questa fase che ha una durata di 4/6 settimane ha lo scopo di concentrare sul tappo tutti i depositi e sedimenti che si sono creati durante l’affinamento. Questa fase viene effettuata anche con dei macchinari (giropalettes), i quali riescono ad ottenere degli ottimi risultati, riducendo tempi di esecuzione e la manodopera.

 

Sboccatura (dégorgement): la sboccatura serve a togliere depositi concentrati sul tappo. Può essere effettuata manualmente, (sistema ormai non più utilizzato) raddrizzando la bottiglia con una mano e con l’altra si toglie il tappo a corona nell’istante in cui la bolla di gas, presente nella bottiglia, lambisce il tassello di sedimenti. Questo metodo richiede molto tempo e del personale altamente specializzato per ridurre al minimo le perdite di spumante.

L’altro sistema, definito à la glace, prevede l’immersione del collo della bottiglia in una soluzione congelante. In questo modo si congela solamente la parte dove si trovano i sedimenti concentrati, inoltre, si raffredda il vino contenuto nella bottiglia e questo favorisce una minore dissolvenza da parte dell’anidride carbonica al momento della stappatura. Dopo il congelamento le bottiglie vengono raddrizzate e stappate, la pressione interna farà saltare il ghiacciolo di depositi e non ci sarà nessuna, o quasi, dispersione di vino.

 

Dosaggio (dosage): le bottiglie, a questo punto, vengono integrate della parte che si è persa con la sboccatura. Per colmare le bottiglie vengono utilizzati spumanti di annate precedenti e sciroppo di zucchero (liqueur d’expédition). A seconda del dosaggio della liqueur d’expédition, si avranno i diversi tipi di spumanti: extra brut, brut, dolce, ecc.

 

Dopo la colmatura la bottiglia viene tappata con il tappo di sughero e viene inserita la gabbietta di protezione intorno al tappo. A questo punto le bottiglie subiscono un leggero scuotimento (poignettage) per far distribuire uniformemente la liqueur aggiunta, dopodiché si passa al lavaggio delle bottiglie e all’etichettatura. Infine si riportano le bottiglie in cantina, affinché i traumi della lavorazione vengano superati e il vino si ristabilizzi. Questa permanenza in cantina può durare da pochi giorni fino a 2-3 mesi, poi viene immesso in commercio.

 

Metodo Classico

Nascita del vino nuovo

Assemblaggio

Imbottigliamento

Presa di spuma

Affinamento

Sboccatura

Scuotimento

Dosaggio

Tappatura – etichettatura

Stabilizzazione

 

Metodi Charmat

Come è già stato detto in introduzione, il metodo Charmat si divide in “corto” e “lungo”. Il metodo Charmat corto è ideale per quegli spumanti che vogliono esaltare i profumi primari, aromatici (Asti, Brachetto, Prosecco), prevalentemente con sapore dolce. Ha la durata di 20/40 giorni e prevede le seguenti fasi.

Nascita del nuovo vino: come nel metodo classico, anche con questo metodo si deve arrivare ad avere i vini tranquilli prima e un vino base dopo (cuvée), per poter passare alla fase successiva.

Presa di spuma: il vino base viene messo in grossi contenitori cilindrici in acciaio e termolegolati. Questi contenitori si chiamano autoclavi e sono chiusi ermeticamente. Insieme al vino vengono aggiunti lieviti selezionati e zuccheri, in modo tale da favorire la rifermentazione in autoclave. La rifermentazione deve essere termocontrollata ad una temperatura che va dai 14 ai 18 °C per permettere un graduale assorbimento dell’anidride carbonica.

Refrigerazione – travaso – filtrazione – imbottigliamento: quando la presa di spuma si esaurisce o si vuole interromperla per avere un residuo zuccherino maggiore nel prodotto finito, si passa alla refrigerazione, ossia si raffredda il vino per favorire la precipitazione dei sedimenti, quindi si procede con il travaso e la filtrazione del vino. Infine si effettua l’imbottigliamento, tappatura, etichettatura. Molto importante sapere che tutti gli spostamenti dello spumante: travasi e imbottigliamenti vengono effettuati con apparecchiature isobariche, per non avere dispersione di anidride carbonica.

 

Charmat “lungo”

Il metodo Charmat lungo è una via di mezzo tra il metodo classico e il metodo charmat corto, ha una durata di 9/15 mesi e prevede le seguenti fasi:

Nascita del nuovo vino: anche qui si procede alla vinificazione separata delle varie uve fino ad arrivare al vino tranquillo.

Assemblaggio: si procede con l’assemblaggio dei vari vini tranquilli per ottenere il vino base (cuvée).

Presa di spuma: il vino base con aggiunta di lieviti selezionati e zuccheri viene messo in autoclave dove avviene la rifermentazione termocontrollata.

Affinamento: il vino viene lasciato a contatto con i lieviti, che periodicamente vengono rimescolati con il vino stesso, mediante degli agitatori ad elica. Questo serve per avere una complessità di profumi più ricca e complessa. Questa fase ha una durata di 9/12 mesi.

Travaso e filtrazione: il vino viene travasato e filtrato con apparecchiature isobariche.

Dosaggio: con questa fase si aggiunge una soluzione zuccherina che in base al quantitativo caratterizzerà la tipologia di spumante.

Imbottigliamento: sempre con l’ausilio di apparecchiature isobariche, il vino viene imbottigliato. Dopo questa fase si passa alla tappatura e all’etichettatura.

A questo punto le bottiglie devono osservare un breve periodo di soggiorno in cantina e poi possono essere immesse in commercio.

 

Diverse tipologie di spumanti e il contenuto di zuccheri/litro

Pas dosé, Brut zero (nessuna aggiunta di zuccheri)                         meno di 3 g/l

 Extra brut                                                                                                   meno di 6 g/l

Brut                                                                                                              meno di 15 g/l

Extra dry                                                                                                      12 – 20 g/l

Secco, sec, Dry                                                                                          17 – 35 g/l

Semi-secco. Demi-sec, Abboccato                                                        33 –50 g/l

Dolce, Doux                                                                                               oltre 50 g/l

 

Bottiglie utilizzate per i vini spumante:

Quarto                                               cl 20               2 flûtes

Mezza                                                           cl 37,5                        3-4 flûtes

Bottiglia                                            cl 75               6-8 flûtes

Magnum                                           l 1,5                2 bottiglie

Jeroboam                                         l 3                   4 bottiglie

Rehoboam                                       l 4,5                6 bottiglie

Mathusalem                                    l 6                   8 bottiglie

Salmanazar                                     l 9                   12 bottiglie

Balthazar                                          l 12                 16 bottiglie

Nabuchodonosor                           l 15                 20 bottiglie

 

Tutte le bottiglie utilizzate per lo spumante hanno uno spessore del vetro maggiore rispetto alle bottiglie, che vengono normalmente impiegate per gli altri vini.

Questo spessore maggiorato serve ad avere una resistenza maggiore e in grado di sopportare le elevate pressioni che l’anidride carbonica esercita.

La cavità che si trova sotto il fondo della bottiglia serve a favorire un ricircolo costante e regolare dell’anidride carbonica, tale da consentire un prodotto uniforme. Un altro motivo, della cavità del fondo, è quello di non consentire una concentrazione elevata e fortemente localizzata di anidride carbonica, come accadrebbe se il fondo fosse piatto.

 

Vitigni impiegati nella produzione di vini spumanti:

Pinot nero*: struttura e longevità.

Pinot meunier*: freschezza.

Chardonnay*: profumo, immediatezza nell’essere pronto, eleganza, finezza.

Moscato bianco e nero: aromatico, ricco di zuccheri, fruttato.

Brachetto: aromatico, ricco di zuccheri

Barbera: forte presenza di acidi, poco tannico.

Pinot bianco

Pinot grigio

Prosecco

Malvasia

Riesling

*Sono i vitigni impiegati per lo Champagne.

 

Metodo Charmat

Charmat corto

Charmat lungo

Nascita del vino nuovo

Assemblaggio

Presa di spuma

                                                                   Travaso-filtrazione                                   Affinamento

Refrigerazione                                                                                                                Dosaggio

Imbottigliamento                                    Stabilizzazione

 

 

Alcune tipologie di spumanti e champagne

Blanc de blanc:è uno champagne bianco ottenuto da uva a bacca bianca (chardonnay).

Blanc de noir: è uno champagne bianco ottenuto da uve a bacca nera(pinot noir e pinot meunieur).

Millesimato: è uno spumante ottenuto dalle uve di una sola annata.

Monocrou: è uno champagne ottenuto dalle uve raccolte da un singolo vigneto.

Rosato o rosé: è uno spumante ottenuto vinificando in rosso uno dei vini utilizzati nella composizione della cuvée.

Gassificato: è un vino addizionato artificialmente di anidride carbonica. Deve, per legge, riportare in etichetta la dicitura ”addizionato di anidride carbonica”

Pas  Année o Sans  Année:  è uno champagne ottenuto mediante l’assemblaggio di vini di annate diverse.

 

Alcuni esempi di spumanti:

Vino: ASTI SPUMANTE

Anno Doc 1969 Docg: 1993

Superficie iscritta: ha 9.041

Zona di produzione. Province di Alessandria, Asti, Cuneo

Vitigni: moscato bianco 100%

Caratteristiche: da paglierino a dorato tenue – aromatico

Caratteristiche: da paglierino a dorato tenue – aromatico

Gradazione minima. 12°

Temp. Serv.: 6-8 °C

Abbinamento: Vino da dessert e da fuori pasto

 

Vino: BRACHETTO D’ACQUI

Anno Doc: 1969 Docg 1996

Superficie iscritta: ha 196

Zona di produzione: province di Asti e Alessandria

Vitigni: Brachetto 80%, Aleatico/Moscato nero 20%

Caratteristiche: rosato o rosso rubino, dolce, frizzante

Gradazione minima: 12° (6° svolti)

Temp. Serv.: 8-10°C

Abbinamento: Vino da dessert, frutta, dolci da forno e da fuori pasto

 

Vino: FRANCIACORTA

Anno Doc: 1993 Docg 1995

Superficie iscritta: ha 1200

Zona di produzione: vari comuni di province di Brescia

Vitigni: Chardonnay e/o Pinot bianco e/o Pinot nero

Caratteristiche: variano

Gradazione minima: 11,5°

Invecchiamento: Spumanti: 2 anni- Millesimati 3 anni

Altre tipologie:Spumante rosato-con una presenza minima di Pinot nero del 15%

Temp. Serv.  6-8°C

Abbinamenti: variano secondo i tipi.

 

Vino: CALUSO SPUMANTE

Anno Doc: 1967

Superficie iscritta: ha 129

Zona di produzione: comune di Caluso  e altri e altri di Torino e Vercelli

Vitigni: Erbaluce  100%

Caratteristiche: PAGLIERINO

Gradazione minima: 11,5°

Temp. Serv.: 6-8°C

Abbinamenti: vino leggero da tutto pasto

 

Vino: GAVI o CORTESE DI GAVI(Spumante naturale)

Anno Doc: 1974

Superficie iscritta: ha 910

Zona di produzione: dintomi  di Gavi  in provincia di Alessandria

Vitigni: Cortese 100%

Caratteristiche: paglierino

Gradazione minima: 10,5°

Altre tipologie: Frizzante naturale- Temp. Serv. Di 8-10°C

Temp. Serv.: 6-8°C

Abbinamenti: Buon aperitivo, ottimo vino da pesce, crostacei e tutto pasto

 

Vino: MALVASIA DI CASORZO D’ASTI (Spumante naturale)

Anno doc: 1968

Superficie iscritta: ha 41

Zona di produzione: provincia di Asti e Alessandria

Vitigni: Malvasia nera di Casorzo d’Asti 90-100%-Freisa, Grignolino, Barbera 0-10%

Caratteristiche: dal rosato al rosso rubino-aromatico

Gradazione minima: 11°

Altre tipologie: frizzante

Temp. Serv.:  10-12°C

Abbinamenti: vino da fine pasto, dessert, dolci da forno

 

Vino: MALVASIA DI CASTELNUOVO DON BOSCO (Spumante Naturale)

Anno Doc: 1974

Superficie iscritta: ha 71

Zona di produzione: province di Asti

Vitigni: Malvasia di Schierano 85%,  Freisa 15%

Caratteristiche: cerasuolo - aromatico

Gradazione minima: 10,5°

Temp. Serv.: 11°C

Abbinamenti: Vino da fine pasto, dolci da forno

 

Vino: PROSECCO DI VALDOBBIADENE

Anno Doc: 1974

Superficie iscritta: ha 71

Zona di produzione: Comuni di Conegliano Valdobbiadene ed in provincia di Treviso

Vitigni: Prosecco, verdino max 10%, Pinot bianco – Pinot grigio – Chardonnay, sono ammessi per la correzione

Tipologie: secco, amabile, dolce

Caratteristiche: aromatico

Gradazione minima: 11°

Temp. Serv.: 6-10°C

Abbinamento: secondo le tipologie. Vino da fine pasto, dolci da forno, fuori pasto

 

Istituto TALENTO metodo classico

Nasce nel 1996 per naturale evoluzione dell’Istituto Spumante Metodo Classico, fondato nel 1975. Un motivo della nascita di questo istituto è stato di creare un termine che differenziasse i prodotti ottenuti dal metodo Charmat da quelli ottenuti dal metodo classico, fino ad oggi chiamati spumanti.

Dal punto di vista del prodotto, con il termine talento, si intende un vino spumante ottenuto con il metodo classico tradizionale di rifermentazione in bottiglia.

Talento comprende diverse zone di produzione che toccano diverse regioni: Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige.

I vitigni ammessi nella produzione sono: Pinot Bianco, Pinot nero e Chardonnay (tutte uve e denominazione di origine).

I vini spumanti, aderenti a questo istituto, sono identificabili dallo stemma che rappresenta una “pupitre” piena di bottiglie.

 

Vini speciali

La legislazione italiana classifica come vini speciali, oltre gli spumanti, i vini liquorosi, passiti, ed aromatizzati.

 

Vini passiti

Come dice il nome, il vino passito si ottiene da uve appassite, quando l’uva raggiunge le sue massime dimensione ed il più alto tenore zuccherino e comincia la fase della sovrammaturazione; gli acini perdono acqua, gli zuccheri si concentrano e l’acidità diminuisce. E’ il processo di appassimento che dà origine alle uve che serviranno per la vinificazione dei vini passiti o da meditazione. Le tecniche produttive presentano varianti a seconda delle regioni. In alcuni casi i grappoli sono fatti appassire sul ceppo, a volte dopo la torsione del peduncolo. Più spesso, una volta vendemmiati, sono esposti al sole, oppure messi su due graticci a riparo in locali ben areati, o appesi al soffitto o disposti su stuoie, in cassette, su tavoli cosparsi di paglia, per consentire una costante aerazione degli acini.

 

Le uve rimangono ad appassire per diversi mesi; in alcune zone fino a novembre-dicembre, in altre fino a febbraio- marzo. In questo periodo avverrà un calo del 35-40% del peso originario delle uve. I grappoli, staccati dalla pianta, continuano per così dire, a vivere, il loro succo si concentra e si sviluppano sostanze aromatiche che non esistevano nell’uva fresca. Le uve utilizzate sono generalmente quelle aromatiche, Aleatico, tutte le uve Moscato, tutte le Malvasie, il Traminer aromatico, inoltre, vi sono quelle provenienti da vitigni poco aromatici, quali: Albana, Bosco, Corvina Veronese, Erbaluce, Garganega, Greco, Nasco, Nosiola, Pinot grigio, Picolit, Vernaccia di serrapetrona.

La fermentazione si protrae molto lentamente per diversi mesi, a temperature basse, si solito in botti di legno. Segue la svinatura e la maturazione che durerà in genere da due o tre anni. Al termine delle lavorazioni si otterranno vini ricchi di zucchero residuo (7-8 grammi per litro) con non meno di 13-14 gradi alcolici.

 

Appartengono a questa tipologia anche i vini santi di cui il più rinomato è il toscano: si ottiene con uve semipassite su graticci, pigiate e messe ad invecchiare in soffitta, in caratelli sigillati, per almeno tre anni, vengono generalmente impiegate uve bianche (Malvasie e Trebbiano). I più rinomati sono il Bianco della Val di Fievole, Montescudaio, Val d’Arabia. Da ricordare il Vin Santo del Trentino ottenuto da vitigno Nosiola.

 

Altre denominazioni che designano i vini ottenuti dall’appassimento delle uve sono: Sforzato (sfursat) deve il nome ad una tradizionale pratica di forzatura delle uve chiavennasca (nome locale del vitigno Nebbiolo) che ha origini antichissime in Valtellina. Recioto altra denominazione di vino passito, il cui nome deriva dal veneto “recia” (orecchio), vino tradizionalmente ottenuto dagli acini più esposti al sole, vale a dire nella parte più alta del grappolo dalla forma alata. Recioto di Giambellara da uve Garganega con max 20% di uve trebbiano di Soave. Recioto di Soave (recentemente docg)da uve Garganega, Recioto della Valpollicella da uve Corvina, Rondinella e Molinara. Sciacchetrà altra denominazione di vino ottenuto da uve semi-appassite da vitigni Bosco, Albarola  e Fermentino da cui la docg  Cinque Terre Sciacchetrà

 

Alcuni vini passiti     

Muscat de Chambave, Valle d’ Aosta, il passito di Caluso da uve  Erbaluce in provincia di Torino. Il Picolit del Friuli, i moscati passiti piemontesi,la Malvasia delle Lipari e il Moscato di  Pantelleria, da uve Zibibbo della Sicilia.

 

Una tipologia particolare di passiti è costituita da quella ottenuta da uve sovramaturate con l’ intervento del marcime nobile (botrytis cinerea),la muffa grigia che attacca e metabolizza  la buccia dell’ uva,conferendo al vino sentori del tutto particolari. Per ottenerla sono necessarie,oltre che varietà adatte, con buccia piuttosto spessa e resistente (ad esempio, Sémillon, Chenin, Sauvignon), condizioni climatiche particolari, caratterizzate da un’alternanza di umidità, che permette al fungo di svilupparsi, e di sole, che favorisce la concentrazione dell’acino attaccato: solo le valli dei fiumi la favoriscono(nel caso del Sauternais, quelle della Garonna e del Ciron).

Quando le uve sono ben mature gli acini sono dapprima ‘’ infavati’’ cioè appaiono gonfi, con la buccia liscia, ma di colore bruno, poi ‘’diventano rugosi e coperti di fiocchi grigi. In questo modo la botrytisinduce un arricchimento di zuccheri, attacca l’acido tartarico e favorisce alcune sostanze che conferiscono ai vini il loro particolare aroma. Il più celebre è il Sauternes, nella regione delle Grave in Bordeaux in Francia da cui il Premier cru  lo
Chateaux  d’Yquem.

 

Di notevole interesse vi è il Tokaji  ungherese da vitigno Furmentin, nella versione Szamorodni, ottenuto anche esso da uve botrilizzate .

Vi sono inoltre i vini ottenuti per vendemmia tardiva del Reno,(Spätlese, da uve più selezionate gli Auslese, i Trokenbeerenauslese, ottenuti da uve botrilizzate e lasciate appassire sulla pianta per un periodo molto lungo. Particolarità di queste zone tedesche e austriache sono gli Eiswein, ‘’vino del gelo’’ termine utilizzabile solo se le uve sono state gelate al momento della raccolta ed anche al momento della pigiatura. Le uve vengono infatti raccolte in inverno con temperature di –5°C.

 

 

Vini liquorosi o fortificati

Sono originari dei Paesi del Sud quali il Portogallo, Spagna, Italia, Grecia e Ungheria.

Vengono così chiamati per la loro naturale gradazione alcolica e perché viene aggiunto al mosto alcol neutro di origine vitinicola o distillato dello stesso vino. Devono avere una gradazione non inferiore a 15° e non superiore a 22°, salvo eccezioni  previste per alcuni vini liquorosi di qualità(V.L.Q.P.R.D), nel qual caso il titolo alcolometrico  minimo non dovrà essere inferiore a 17,5°.

L’aggiunta di alcol nel mosto può avvenire in fasi diverse a seconda della % zuccherina e alcolometrica che si vuole ottenere, quindi, può avvenire :

_ appena dopo la spremitura, si interrompe così la fermentazione ottenendo vini liquorosi molto dolci, con gradazione alcolica molto elevata;

_ a fermentazione iniziata in fasi diversificate, ottenendo cos’ vini più o meno dolci;

_ a fine fermentazione, il vino sarà allora secco.

 

Marsala


Vino liquoroso, prodotto in provincia di Trapani con esclusione dei comuni di Alcamo, Favignana, e Pantelleria.

Il processo di produzione del Marsala, parte dalla vinificazione in bianco di uve Catarratto, Inzolia, e Grillo, alle quali sono aggiunte, solo nella versione rubino, varietà di uva rossa, Perricone, Calabrese, e Nerello mascalese. Dopo la svinatura si effettuano alcuni travasi per favorire il processo di ossidazione. Si passa quindi alla ‘’concia’’ con l’aggiunta di una miscela di prodotti derivati dall’uva. Alcol che rinforza il vino; mosto cotto parzialmente caramellizzato, che gli conferisce un gusto aromatico, mosto concentrato con funzione addolcente, e mistella o sifone ( una miscela di mosto di uva fresca e alcol o acquavite) che perfeziona ed affina il gusto del vino.

 

Segue la fase di invecchiamento, che per legge deve avvenire, come tutto il resto della preparazione, solo nella zona di produzione, in botti di legno di rovere  ciliegio. Durante la lunga maturazione, il vino subisce profonde modificazioni nel colore, nel profumo e nel sapore.

Classificazione del Marsala

Il disciplinare classifica il Marsala in base a:

_ colore: oro, ambra e rubino;

_ grado zuccherino: secco, con 40 grammi litro di zuccheri, semi secco tra i 40/100 grammi litro e dolce con più di 100 grammi litro di zuccheri.

Per le tecniche di produzione e il periodo di invecchiamento e il grado alcolico:

_ Fine, almeno 17 gradi e un anno di invecchiamento.

_ Superiore, almeno 18 gradi e due anni di invecchiamento.

_ Superiore riserva, almeno 4 anni di invecchiamento.

_ Vergine e/o Soleras, 18 gradi, invecchiato almeno cinque anni senza aggiunta di mosto cotto.

_ Vergine stravecchio e/o Solera  stravecchio, con almeno dieci anni di invecchiamento.

Non rientra più nella classificazione ufficiale il termine di Marsala Speciale (all’uovo, alla crema ecc), sono diventati ‘’cremovo  zabaione vino aromatizzato’’ o ‘’ cremovo vino aromatizzato’’.

 

Malvasia delle Lipari liquoroso


Vino bianco dal sapore aromatico ottenuto nelle omonime isole, da uve Malvasia sovramature  con successiva alcolizzazione sul vino, 16 gradi con sei mesi di invecchiamento. (dolce, passito).

 

Malvasia di Bosa  liquoroso

Vino prodotto in alcuni comuni in provincia di Nuoro e Oristano, da uve Malvasia di Sardegna. Sul vino, posto in botti per l’invecchiamento, viene favorita la formazione del lievito flor  per arricchirlo sotto il profilo aromatico. Gradazione di 17° nel tipo secco e di 13° nel tipo dolce.

Altre nomi legati al procedimento dei vini liquorosi italiani sono:

Moscatello di Moltalcino da uve Moscato bianco in Toscana, Nasco liquoroso da uve Nasco a Cagliari in Sardegna, Passito di Caluso liquoroso in provincia di Torino.

 

Porto

Il Porto nasce nella valle del Duoro  e lungo le valli laterali dei suoi affluenti nel nord del Portogallo. Le uve che partecipano alla produzione del Porto sono circa 88 delle quali 37 bianche e 51 rosse. Attualmente, in seguito all’adeguamento comunitario della legislazione vinicola, sono considerate uve del Duoro  solo 8; sono le rosse Touriga  nacional, Touriga  francesa, Tinta roriz, Tinta barroca, Tinta-cao, e Bastardo, per le uve bianche, malvasia fina e Rabigato.

 

I metodi di produzione del Porto sono ancora quelle di un tempo, dopo la raccolta, che avviene a fine settembre e ottobre, vi è la pigiatura, che un tempo era manuale, oggi, le uve vengono messe in vasche di fermentazione chiuse, vasi autovinificanti, dove la pressione del gas carbonico consente numerosi rimontagli e la maggior estrazione di materia colorante. Le temperature di fermentazione arrivano anche al 32°, quando gli zuccheri residui hanno valori percentuali più contenuti, (circa a 6° Baumè, circa 90 grammi di zucchero per litro) si procede con l’aggiunta di aguardiente, un’acquavite di vino, incolore e insapore.

Arrestata così la fermentazione, il vino viene fatto riposare sino all’inizio dell’inverno, quando, se necessario, viene aggiunto altro distillato per correggere la gradazione alcolica. Il porto è travasato periodicamente perché possa aerarsi e, dai grossi contenitori in cui era stato inizialmente raccolto,viene versato, dopo vari passaggi, in fusti più piccoli di circa 650 litri di capacità. (Sino al 1986 la legge imponeva che lo stoccaggio e l’imbottigliamento devono avvenire a Villa Nova de Gaja, sulla riva sinistra del Duoro). I campioni di vino devono essere sottoposti all’approvazione dell’Istituto de Vinho do Porto (I.V.P.). Quindi avviene la classificazione in una di queste 3 categorie:

·          Vini di qualità

·          Vini con lievi imperfezioni da correggere

·          Vini difettosi.

·          Solo quelli che appartengono al primo gruppo vengono inoltrati all’invecchiamento che, per legge, non può essere inferiore ai tre anni.

 

Varietà di Porto

Le varietà di Porto messe in commercio sono regolamentate dall’apposita legislazione che prevede classificazioni in base a:

·          Colore: rosso Ruby, Full, Tawny (ambrato) bianco (white) prodotto solo con uve bianche.

Questi sono vini comuni, di qualità media, ottenuti da assemblaggi di vini di varie provenienze e di millesimi diversi.

Le tipologie di Porto più pregiate si classificano in:

Porto Vintage, vino di unica vendemmia che non subisce nessun taglio, viene imbottigliato dopo solo due anni e si raffina senza ossigeno. Può invecchiare tranquillamente anche per 50 anni.

Porto Late Bottle Vintage, prodotto di una sola annata, differisce dal primo perché viene invecchiato in bottiglia per 4/6 anni e dopo due anni dall’imbottigliamento raggiunge la perfezione, dopo la quale regredisce, per questo motivo sull’etichetta, oltre la data della vendemmia, vi è anche quella dell’imbottigliamento.

Porto Colheita, come i precedenti sempre di unica vendemmia, viene imbottigliato dopo almeno 7 anni dalla vendemmia.

Porto con indicazione d’età, può essere ottenuto dalla fusione di diverse annate (blended) e la denominazione contempla quattro differenti periodi di invecchiamento con scansioni decennali: 10 20 30 e 40 anni.

 

Sherry, jerez o xeres

Lo Sherry nasce a Cadice, nel cuore dell’Andalusia, I Spagna. I vitigni autorizzati sono il Palomino (vitigno base) il Pedro Ximenes e il Muscatel, questi ultimi due impiegati esclusivamente per dare al vino sentori dolci.

Dopo la vendemmia le uve vengono lasciate adasciugare al sole per 24 ore dopo di che si passa alla pigiatura. Alla prima fermentazione, che dura una settimana, ne segue una più lenta che può protrarsi per anni. Nella prima fase dell’invecchiamento, il vino nuovo, solo il migliore di tipo fino, forma in superficie una pellicola chiamata “flor” che assorbe l’ossigeno e protegge lo Sherry da eventuali acetificazioni; (si tratta di lieviti filmogeni che trasformano l’acido malico e la glicerina in sostanze aromatiche che contribuiranno a formare l’inconfondibile bouquet dello Sherry). A questo punto viene classificato nelle categorie Palma, Cortado, Raya. Il cantiniere “capataz” con una tecnica molto particolare, definisce le caratteristiche e classifica il vino nuovo in tre categorie: il Palma, che ha l’aroma e il corpo necessario per la produzione del fino e dell’ammontillado; sulla superficie di questi vini, durante l’invecchiamento, si forma la “flor” che va protetta per tutto il periodo senza rovinarla con i vari assaggi.

Cortado, riservato ai meno pregiati olorosos. Non presenta le caratteristiche adatte per la formazione della flor, ed è destinato ai vini più corposi ed alcolici.

Raya, destinato agli sherry di qualità inferiore.

Il vino, a Prte Rare eccezioni, viene fortificato con l’aggiunta di distillato in modo che raggiunga un volume alcolico che varia secondo la qualità e che non impedisca la formazione e lo sviluppo della flor.

 

Il sistema di invecchiamento è quello denominato Soleras (le botti madri) si procede a una serie di mescolanze tra vini di diversa età. Il sistema soleras comporta l’utilizzo di una serie di file di piccole botte poste una sopra l’altra, all’interno delle quali è contenuto il medesimo tipo di vino. Le botti che contengono il vino più vecchio stanno più vicine al suolo, in cima alla fila ci sono le botti che contengono una miscela di vino, Tanto più giovane quanto più si sale.

 

Con cadenze periodiche si estrae dalla botte più vecchia una certa quantità di vino, destinata all’imbottigliamento. La botte viene poi colmata con dello sherry più giovane di un anno, spillato da una seconda botte la quale a sua volta verrà riempita con quello di una terza, con vino più giovane ancora e così via. Molto spesso prima dell’imbottigliamento, il vino viene fortificato con l’aggiunta di un ulteriore dose di acquavite.

 

Classificazione dello Sherry

Gli Sherry si dividono in due categorie  fondamentali; Finos e Olorosos. Glo Sherry Finos si suddividono in : Fino propriamente detto, molto secco, colore topazio, gradazione 17° dall’aroma delicato costituito dalla flor. Ammontillato, più scuro dal sentore più aromatico di nocciola.

Lororosos si suddividono in: oloroso, molto aromatico, che supera i 18 gradi ed è spesso alla base degli Sherry cream caratterizzati dal gusto dolce. In raya, più grossolana e colorato del precedente, impiegato nelle miscele degli sherry a buon mercato. Vi è infine, il palocortado collocabile tra l’oloroso e ammontillado. Da segnalare lo sherry prodotto a SanLucar de Barromeda chiamato Manzanilla ( le  varietà di fino e Ammontillado, hanno sentori amarognoli e salato).

 

Madera

Vini liquoroso dell’arcipelago di Madera( Portogallo), è prodotto da uve malvasia, verdehlo, boal, sercial. A fine fermentazione viene aggiunto alcool o distillato di vino che porta ad unba gradazione di 18/20 gradi. Si passa quindi all’invecchiamento in fusti, in locali chiamati Estufa, all’interno dei quali si raggiungono temperature abbastanza elevate, tra i 30 e 40 gradi C per un periodo di 4 /6 mesi . Si formano cosi i sentori tipici dell’ossidazione. I vini Madera si dividono in quattro tipi: sercial, il migliore dei madera secchi; verdello, più dolce del precedente; bual o boal, ancora più dolce e più ricco di corpo; Malmesey, fatto con uve malvasia, è il più dolce di tutti.

 

Malaga

Vino liquoroso del sud della Spagna, prodotto da uve Pedro Ximenes, Moscatel, Doradilla, e altre. Il vino finito viene maturato in botti e invecchiato con sistema Soleras. E’ ottenuto con lo stesso sistema del Porto. La sua dolcezza e il suo profumo vengono dalla natura delle viti e dal clima temperato. La gradazione varia tra i 15 e i 20°.

 

Vini Aromatizzati

Si intende quella categoria di bevande ottenute da vino, con aggiunta di alcol che ha subito una aromatizzazione mediante sostanze aromatizzanti naturali e o preparazioni aromatiche naturali, erbe aromatiche, spezie, prodotti alimentari sapidi; che ha subito generalmente un’edulcorazione ed una eventuale aggiunta di caramello; che ha un titolo alcolometrico effettivo minimo di 14,5 e massimo di 22% volume.

I vini utilizzati per l’elaborazione di un vino aromatizzato devono essere presenti in prodotto finito in proporzione non inferiore al 75%. Il rappresentante maggiore di questa categoria è senza dubbio il vermut.

 

Vermut

Vino aromatizzato ottenuto dalla miscelazione  di vini, alcol ,zucchero,caramello ,e sostanze amaricanti di origine vegetale ,di cui la principale è l’ assenzio. Il vino base un tempo era rappresentato esclusivamente dal vitigno  Moscato, oggi si utilizzano  vini bianchi di provenienza diversa di moderata alcolicità e di non eccessiva  acidità.

 

Il vermut si presenta in varie tipologie di colore e di gusto.

Rosso chiamato anche “classico” 140 grammi litro di zucchero, 16 con utilizzo di caramello per il calore.

Bianco, con 200  grammi litro di zucchero, 16 dal gusto molto dolce.

Dry, dal gusto più secco, con solo 40 grammi litro di zucchero, 18.

Rosè, dal gusto dolce e particolare con uso del caramello.

Della stessa famiglia fa parte anche il Barolo Chinato, che deve  il suo nome alla china Calissaia, il più importante fra le droghe utilizzate per ottenerlo.

 

Categorie dei vini

La prima  legge italiana di tutela delle Denominazioni d’ Origine è il D.P.R. 930 del 1963.

L’ aggiornamento di questa prima normativa ai dettami del Comunità Europea, è avvenuto con la legge 164/ 1992.

 

La legislazione attuale  classifica i vini in tre categorie :  vini da tavola, vini di qualità prodotti in regioni determinate (vqprd), vini speciali. La sigla vqprd  introdotta dalla normativa CEE, racchiude i vini denominazione d’ origine controllate e garantita, doc e dog I vini speciali sono classificati in relazione al tipo  in: vini liquorosi, passiti, spumanti, aromatizzati. Le sigle vsqprd e vlqprd, indicano rispettivamente i vini spumanti di qualità prodotti in regioni determinate, e i vini liquorosi di qualità prodotti in regioni determinate.

 

Vini da tavola

I vini da tavola, il cui nome può essere di fantasia, occupano  circa l’ 80% della produzione italiana, possono essere:

-semplici, quando è indicato solo vino da tavola rosso, bianco o rosato.

-vini da tavola con indicazione geografica tipica (lgt), quando sono elaborati con uve provenienti per almeno l’ 80%della zona indicata,

-vini da tavola con indicazione del vitigno d’ origine,

-vini tipici.

 

In etichetta la dizione “vino da tavola” è un’identificazione generica data ai vini che formano la base della piramide geo-qualitativa, e qualifica un prodotto senza alcuna indicazione di provenienza. Pertanto “vino da tavola rosso” o “vino da tavola bianco” sono vini che possono provenire da qualsiasi parte d’Italia.

In etichetta la dizione “Rosso del Veneto” identifica un “vino da tavola a indicazione geografica tipica”. I vini ltg, nella piramide qualitativa si collocano tra i vini da tavola semplici e i vini Doc. La produzione dei vini ltg deve seguire alcuni criteri stabiliti da un apposito decreto.

I vini ltg provengono da una zona delimitata e devono essere elaborati almeno per l’85% della vinificazione di uve rosse prodotte nella zona specificata. Nel caso fosse specificato, non solo la zona geografica ma anche il vitigno, il vino deve essere vinificato almeno per l’85 % da uve del vitigno indicato e prodotte nella regione specificata. I “vini da tavola” non subiscono controlli né qualitativi né quantitativi. I vini lgt sono soggetti a controlli quantitativi.

 

Vini a denominazione di origine e d’origine garantita

Queste denominazioni riguardano circa il 16 % della produzione italiana e spettano a quei vini che si contraddistinguono per le loro peculiarità qualitative. La denominazione DOC qualifica un vino la cui produzione, dal terreno alla bottiglia, segue le regole stabilite dai disciplinari di produzione. I disciplinari di produzione devono essere proposti dai consorzi autorizzati o da viticultori, commercianti, trasportatori e consumatori.

E’ DOC il vino prodotto in una zona delimitata le cui caratteristiche organolettiche, dovute a terreno, clima, vitigno, rientrino in parametri prestabiliti, ottenuto da uve prodotte in quantità specifiche, con resa di trasformazione uva – vino predeterminata, ed elaborato con tecniche enologiche specifiche. La denominazione DOCG è riservata ai vini di particolare pregio, qualificati almeno da cinque anni come vini DOC. Pertanto la denominazione DOCG si dà a quei vini che già seguono i disciplinari delle DOC, ma in più i vini DOCG, al contrario dei vini DOC che possono essere venduti anche sfusi, possono essere commercializzati esclusivamente in bottiglie il cui contenuto non superino i 5 litri, munite di un contrassegno di stato rilasciato dalla Repubblica Italiana. Inoltre i vini DOCG sono soggetti a controlli organolettici anche in fase di produzione. Se le denominazioni DOC e DOCG non sono utilizzate per tre anni, possono essere revocate. Inoltre, in caso di annate in cui nei vini non siano riscontrabili le caratteristiche organolettiche previste dai disciplinari, le categorie DOC e DOCG possono essere declassate alla categoria inferiore.

Le classificazioni DOC e DOCG sono regolate dai disciplinari che stabiliscono gli elementi per poterle assegnare. Questi elementi sono suddivisi in obbligatori e facoltativi. Sono obbligatori:

·          La denominazione d’origine corrispondente al nome geografico;

·          La delimitazione della zona di produzione delle uve;

·          La varietà d’uva;

·          La resa d’uva per ettaro e la resa uva – vino;

·          Il titolo alcolometrico volumico minimo naturale delle uve alla vendemmia progressivamente più elevata per i vini igt, DOC e DOCG;

·          Le caratteristiche fisico – chimico ed organolettiche e del grado alcolico al consumo;

·          Condizioni di produzione: queste prendono in esame clima, terreno, esposizione, altitudine, tipo e densità d’impianto, forme di allevamento, varietà delle uve, sistema di potatura;

·          Esame chimico – organolettico, impone ai vini da classificare doc e docg l’esame di laboratorio in fase produttiva e per la docg anche un esame da svolgere prima di essere messi al consumo, partita per partita, fatto durante l’imbottigliamento; per questo tipo di vini è ancora previsto un esame organolettico, fatto da un’apposita commissione, senza il quale il vino da classificare doc e docg non può essere messo al consumo;

·          Eventuale durata dell’invecchiamento per le riserve;

Per il docg è obbligatorio l’imbottigliamento in contenitori non superiori ai 5 litri.

 

La legge 167/92 introduce il criterio delle sottozone, aree più piccole, comune frazione, vigna, situate all’interno di zone doc e docg di ampie dimensioni. Le sottozone sono regolate dagli stessi criteri doc e docg, ma spinte al massimo delle loro possibilità: utilizzare forme di allevamento meno produttive, ridurre ulteriormente la resa per ettaro, la resa uva – vino, prolungare il periodo d’invecchiamento e cos^ via.

 

Vini con indicazioni geografiche tipiche

I vini IGT sono il frutto della Legge 164/92, e rappresentano una via di mezzo tra i vini da tavola e i vini vqprd. I vini da tavola con indicazione geografica devono provenire e possedere le caratteristiche “derivanti da zone di produzione, anche comprendenti le aree doc o docg, normalmente di ampia dimensione vitivinicola”. I disciplinari sono simili a quelli delle doc, ma in formameno rigida. Per ottenere questa denominazione sono obbligatori:

·          Nome geografico della igt corrispondente ad un’area di grande dimensione viticola. All’area geografica può essere abbinato il nome di un vitigno solo se questa è di notevole ampiezza;

·          Delimitazione della zona su carta geografica;

·          Composizione varietale;

·          Tipi enologici (vitigni);

·          Resa massima di uva per ettaro: nel caso degli igt se la produzione supera, anche di poco, la resa stabilita, tutta la produzione sarà classificata come vino da tavola;

·          Titolo alcolometrico volumico minimo naturale delle uve;

·          Titolo alcolometrico volumico minimo del vino al consumo;

·          Pratiche correttive ammesse.

 

Etichetta

Le indicazioni riportate in etichetta variano secondo la classificazione del vino e sono di due tipi: obbligatorie e facoltative.

 

Indicazioni obbligatorie per i vini da tavola

Per i vini da tavola le indicazioni obbligatorie sono:

·          Categoria; vino da tavola, vino da tavola con indicazione geografica;

·          Nome o ragione sociale dell’imbottigliatore;

·          Comune della sede dell’imbottigliatore;

·          Numero di codice dell’imbottigliatore, iscritto all’ufficio depressione frodi;

·          Volume nominale del vino espresso in hl, l, cl, ml.

·          Grado alcolico effettivo.

 

Indicazioni facoltative per i vini da tavola

Le indicazioni facoltative sono:

·          Marchio del produttore;

·          Gradazione alcolica potenziale;

·          Tonalità di colore;

·          Indicazione al consumatore;

·          Luogo in cui sono prodotte e vinificate le uve;

·          Luogo in cui è imbottigliato il vino.

Per i vini da tavola con indicazione geografica, tra le informazioni obbligatorie che devono apparire in etichetta, c’è anche il nome della zona in cui sono prodotte le uve, purché questa sia più piccola dello stato cui appartiene e non sia già utilizzata per i vini DOC o DOCG.